Artemisia Gentileschi
Roma 1593 – Napoli 1654
Dipinto 1612- 1613 a Napoli , dopo il processo per stupro, prima di andare a Firenze
Olio su tela
158,8 cm x 125,5
Fa parte della Collezione Borbone che si trova al Museo e parco reale Capodimonte
Siamo nel periodo barocco della controriforma e del Caravaggio nato 20 anni prima di Artemisia.
Si tratta di soggetto mitologico.
Artemisia percepisce un forte desiderio di indipendenza nei confronti del padre il cui stile decide di respingere, degli altri maestri pittori romani persuasi che una donna non possa dimostrarsi brava, della famiglia dato che, orfana di madre dalle 12 anni, doveva mantenere i fratellini e nei confronti del processo.
Vuole convincere delle sue capacità rappresentando un argomento forte e spiegare cosa siano le donne, raccontare una vendetta.
L‘interpretazione che la pittrice offre del grande tema biblico di Giuditta e Oloferne, molto amato dalla pittura occidentale viene modificata.
Il tema è tratto dall’Antico Testamento: il popolo ebraico, assediato dal generale assiro, Oloferne, aveva deciso di capitolare entro cinque giorni, a meno di un intervento divino.
Giuditta, giovane vedova ebrea, si offre volontaria per andare nel campo avversario.
Accompagnata solo dalla fedele serva, Abra, abbandona i panni vedovili, abbigliandosi sontuosamente, con vesti preziose e gioielli, messe in risalto dalla narrazione biblica e dalla stessa Artemisia, la cui eroina indossa un sontuoso abito di un blu smaltato guarnito d’oro.
Giunta nel campo nemico, Giuditta si presenta al generale con la scusa di svelargli il punto debole degli Ebrei.
Oloferne, ammaliato dalla giovane, offre un banchetto in suo onore. I due restano soli nella tenda del condottiero assiro che, ebbro di vino, crolla in un sonno profondo. Viene rappresentato mentre Giuditta lo decapita, con l’aiuto dell’ ancella Abra (un’invenzione di Artemisia).
Giudita si è rimboccato le maniche per essere a proprio agio per uccidere Oloferne, senza rischiare di subire qualsiasi ostacolo. Compie un atto preparato, violentissimo, crudele, dimostrando calma, determinazione, concentrazione, soddisfazione, quasi serenità.
Dipinge tutto un incrociarsi di braccia allungati, tesi, di pugni contratti, dimostrando un massimo di forza e di lotta. Oloferne viene colpito a sorpresa nel sonno, dall’indietro. Suo viso esprime orrore, dolore, sorpresa, a bocca aperta e occhi stupiti, rughe al fronte dagli sforzi tentati per provare a lottare. Dalla mano sinistra Giudita a occhi socchiusi, gli ha preso un ciuffo di capelli e gli mantiene la testa ferma, spingendola girata verso sinistra, in tal modo che lui non veda la sua faccia. Dalla mano destra, gli spacca il collo, tirando il scimitarra, mantenendosi all’indietro per non sporcarsi dal sangue che scorre rosso, abbondante sulle lenzuola e i materassi e come se le facesse schifo.
L’ancella ugualmente diligente simultaneamente spinge fortemente il braccio sinistro di Oloferne, piegato contro il petto dalle sue due braccia tese per bloccarlo, mentre lui prova a respingerla dal braccio destro, appoggiato sul mento. Dimostra le stesse espressioni di Giudita, con un leggero sorriso di soddisfazione in più. Si vede che sono sincronizzate, pare che si siano concertate per costituire quel duello di vendetta.
La scena viene rappresentata da vicino, in primo piano, dall’indietro del letto, tutte le braccia e i visi delle donne vengono illuminati da un raggio di luce uscendo dalla sinistra. A mezzo petto di Oloferne, il lenzuolo arrotolato segna il limite con la parte scura, cioè la parte inferiore del corpo.
I colori sono il blu e il rosso dei vestiti, quello di Giudita sontuoso con tanto di pizzo e nastro.
Si dice che questo dipinto sia stato un eco alla violenza subita nello stupro da parte di Tassi a 18 anni e del desiderio di vendetta.
Celebra l’unione delle donne, la forza della volontà e della bravura.
Alla fine, Artemisia convince di essere una pittrice vera e propria.
Source de l’image : wikipedia